Finalmente un prestigioso quotidiano come il “Corriere della Sera” ha aperto la prima pagina del 23 agosto 2012 con un fondo di Sergio Rizzo dal titolo estremamente chiaro “Le mani bucate delle Regioni”.
Chi, come il sottoscritto, da tempo sta sostenendo, con vari scritti, che uno dei più gravi problemi della dilatazione della spesa pubblica è costituito dalle Regioni per cui se si deve procedere (come si dovrebbe) ad una legge di revisione costituzionale per l’abolizione della Province (senza ricorrere ai ridicoli sistemi all’italiana degli “accorpamenti”) non ci si dimentichi di abolire (o almeno di riformare) anche la parte istitutiva delle Regioni, finalmente si trova a non sentirsi più una povera vox clamantis in deserto.
Scrive Rizzo: “La vera spending review decisiva per tagliare seriamente una spesa pubblica capace di divorare metà della ricchezza prodotta nel Paese è quella che dovrebbero fare le Regioni. Tutte: dal Sud al Nord”. Poi aggiunge: “Nei dieci anni tra il 2000 e il 2009, la spesa pubblica regionale è lievitata da 119 a 209 miliardi l’anno. L’aumento, per metà imputabile alla sanità, è stato del 75,6%”. Infine ricorda che “senza il contributo devastante delle Regioni, il rapporto tra spesa pubblica e Prodotto Interno Lordo sarebbe, al netto degli interessi, più o meno lo stesso di una decina di anni fa. E oggi, che ci costano almeno 90 miliardi in più, sicuramente le Regioni e la sanità non funzionano meglio di allora”.
Prendo atto con soddisfazione che in questi giorni, nonostante il caldo canicolare che tende ad ottundere le menti più di quanto non lo siano già di per sé, c’è chi, su uno dei più importanti giornali del Paese, finalmente se la sente di prendere di petto il problema delle Regioni. Che è enorme e che rappresenta una delle prime cause di spreco del pubblico danaro. Perché spreco? La risposta sarebbe lunga e articolata. Ne approfitto per invitare Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella (gente che il giornalismo d’inchiesta non se l’è dimenticato in un’epoca in cui – chissà perché: bell’interrogativo a cui sarebbe interessante dare un risposta – sembra scomparso di scena) a realizzare una bella e ampia inchiesta, regione per regione, per vedere quanti e quali sono le spese di ognuna, in quali ambiti, e con quali esiti pratici per le economie dei propri territori.
Perché è quando questi risultati risultano inesistenti o trascurabili (in termini di incremento di ricchezza o in termini di servizi) che si è legittimati a parlare di spreco. E, per favore, senza che si alzino, dalla bocche delle vergini vestali di non si sa quale sacro fuoco, accuse petulanti di “antipolitica” nei confronti di chi sostiene queste cose.
Hai visto mai che una bella e documentata inchiesta di questo genere non convinca anche la magistratura (da quella contabile e quella penale) a guardar bene in questi “pozzi di san patrizio” per cercare di individuarne il fondo ma anche per verificare la legittimità dei mille rivoli attraverso cui le acque – beni comuni – si disperdono? Perché sono tanti, tantissimi, incalcolabili. E questo tanto al Sud, quanto al Centro, quanto al Nord. In ciò l’Italia è veramente unita.
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